lunedì 4 marzo 2024

Identità? Sicuro?

mercoledì 29 luglio 2020

Rimanenze

Sta lì. Ma senza imperativi. Figurarsi categorici. Star lì. Definendo luoghi e soggetti (in luogo di…) e oggetti e condizioni e fini penultimi, ché le ultimazioni o gli ultimativi girano al largo, non vediamo e non possiamo/vogliamo vedere. Giusto il giusto. Ora sfebbrati, ora liberati dai fuochi e dai relativi giochi che… quel piccolo piacere nel giacere nel braciere di una strappata voluttà…
Come il polso di un morto. Nuvole e canzoni. Dove vanno le nuvole. Vanno e vengono, certo e prendono forme che il vento, per brevi inattendibili (nessuno può crederci) momenti, presta loro. Canzoni e calzoni (caldi appena sfornati o appena lavati od asciugati, stesi come siamo tutti con la testa appoggiata sull’erba a guardare stelle e nuvole e luna e quello che c’è nelle ore che si somigliano tutte, un brivido appena o il sole, se c’è , a scottarci la pelle, ma senza salvarci, anzi, ancora una volta ad ucciderci piano) ma senza musica, prego.
Sta lì. Ma è fuggito e sfuggito e ancor fuggitivo. Da sé e da quello che c’è. Intorno e anche dentro e fuori da tutto e da tutti. Le labbra cianotiche, tremando e tramando e mandando all’inferno l’inverno del nostro contento, gli occhi a fissare le cose che stanno, che vanno, delusi ma no, l’incedere stanco verso un ignoto che ormai conosciamo e verso cui, assenti di più acuta presenza, ormai procediamo col solito passo. Il delirio s’è fatto e s’è sfatto. Le parole sporcate dall’ovvio declino deciso e reciso da chi più non la vuole, se duole, la vita che vita si fa. Il fresco e il tepore e le attese in riprese ordinate da ordine e caos. Ordigno di morte. L’ordito crudele in storie di sesso e d’amore appassito e trapassata passione.
E il conto alla fine. Pagando il dovuto. Sia stato quello che è stato. Un contratto, un libero scambio, uno sprofondo d’angoscia, la contrizione pentita e già postuma, inganno od incanto oppure illusione, delizia di lubrica malcelata malizia, pretesa o riscatto o ricatto o lascivo abbandono. Non chiedere alla memoria il resoconto di una piccola ignobile storia a cuori di cani nella tormenta. Tutto era già stato ancora prima che tutto accadesse. E tutto sarà come se nulla fosse accaduto. Per sempre e mai più.
Fino alla polvere o cenere o neve che tutto ricopre (il tempo, il vulcano, i morti). È solo un piccolo tempo che pomposamente chiamiamo infinito il tratto che ci segue e precede. E la vita? Reclama l’innocente spietato (la vita reclama o è una domanda scomposta e irrisolta? Chi sa?). Risposta immantinente riposta: È qui. Fatta di troppi infiniti momenti da dimenticare. Per dimenticare.
La cara complicità di una carezza. Un lago di lacrime amare. Salsedine e vaghi rimpianti. Perfino dolcezza. Perfino languore. Lavorando di sgorbia e abrasivi. Lisciando e leggermente soffiando col capo inclinato. A guardare, a gemere, a toccare l’imprevedibile abisso che avviene. E non più risalire. Non più risalire.

lunedì 24 giugno 2019

La Nuvola In Calzoni


Vladimir Vladimirovic Majakovskij


La nuvola in calzoni


PROLOGO

Il vostro pensiero,
sognante sul cervello rammollito,
come un lacchè rimpinguato su un unto sofà
stuzzicherò contro l’insanguinato brandello del cuore:
mordace e impudente, schernirò a sazietà.

Non c’è nel mio animo un solo capello canuto,
e nemmeno senile tenerezza!
Intronando l’universo con la possanza della mia voce,
cammino – bello,
ventiduenne.

venerdì 15 dicembre 2017

ossimori

È l'Occidente che, raggiunto l'apice della propria Civiltà non altro che ossimori sa ormai produrre.


mercoledì 16 agosto 2017

Stelle

Da La Repubblica.it :
Da La Stampa.it :
Vaghe stelle dell’Orsa. In Trentino.
Seguono le rituali e ovvie indignazioni del caso. Senza capire e senza nemmeno chiedersi, al di là di ragioni e torti, al di là della leggerezza o anche della eventuale ottusa, forse stupida inutilità con cui qualche pubblico decisore sceglie tra le varie opzioni,  per quali misteriosi motivi e nell’interesse di chi sarebbe stata presa la decisione più impopolare e più condannabile. Dal web in giù.
E le stelle stanno a guardare. In Costa Brava.
Mentre tre bestie si accaniscono con calci e ferocia su un uomo a terra. E nessuno che intervenga. Nessuno che si prenda il rischio e il relativo minimo coraggio di fermare la furia disumana e la viltà. E nessuno a cui prenda un sussulto di indignazione. “In diretta”. Lì. Sul posto. Indifferenti e vili e ignavi tutti davanti all’orrore “finalmente” a portata d’occhi e di mano. Indifferenti alla propria umanità. Riservata magari alla tastiera di uno smartphone. Espressa sui “social” magari nei confronti di un’orsa ammazzata. 
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, lontano dalla mente, lontano dall’anima… lontano lontano nel tempo e nello spazio…
 Stelle lontane. Troppo lontane. Stelle morte. Spente. Cadenti. Già cadute ed accadute

giovedì 10 agosto 2017

La Rabbia Giovane

Sarà anche come dice il commendevole e famoso e fumoso e forse un po’ fuso, prof. Fusaro, marxista per niente internazionalista (proletari di tutti i paesi pensate ai vostri cortili di casa e il restante mondo si fotta, vabbè) che quella in atto è una deportazione di manodopera a basso costo e bla bla bla. E forse quei giovani sudati e furiosi e furenti e parecchio incazzati sono plagiati e attratti dal luccichio (illusorio? finto? ingannatore? mistificatorio? boh ) della nostra bella modernità di occidente-nord, e si stanno facendo prendere dalla frenesia masochista di consegnarsi schiavi pur di prendere parte a questo sontuoso pranzo di gala. Che loro vedono come tale. Che noi vediamo come la cena d’addio celebrativa della nostra ineluttabile decadenza. 
Di certo esibiscono e si portano una “rabbia giovane” che noi abbiamo certamente conosciuto e certamente dimenticato. Di certo, come noi con le nostre istanze di liberazione e di libertà, minacciavamo il quieto vivere dei vecchi barbogi borghesi e dei conformismi di ogni età di 50 anni fa, loro minacciano il nostro, di adesso, quieto vivere. Di certo si trascinano (anche visivamente), insieme alla loro contundente gioventù, anche l’idea davvero poco rassicurante che non vi è niente di ultraterreno ed assoluto che stabilisca chi, come, quando e perché debba goderne o esserne escluso da tutto il bendidio a disposizione dell’intera umanità. Di certo sono cazzi amari per la nostra pretesa di tranquillità. Di certo nel breve/medio periodo (e forse anche nel lungo) li (ci) odieremo sempre di più. Non perché loro lo meritino o noi si sia cattivi: sono solo mondi, culture, spazi, civiltà, interessi, bisogni, visioni del mondo che collidono. Di certo provare a respingerli come fossero cavallette o zecche o bufali non attenuerà la loro rabbia. Di certo siamo all’ennesimo tornante della Storia che non si risolverà né con un “vogliamoci tanto bene” ( tesi decisamente minoritaria) né, tanto meno, con un “ammazziamoli tutti” (tesi cogliona oltre che criminale ma “main stream” ormai, purtroppo). E se è impossibile stabilire se e dove abiti una indiscutibile ragione, di certo, basta il minimo sindacale di ragionevolezza per riconoscere le ragioni. Di tutti. 
Di certo quello che occorrerebbe consisterebbe in un soprassalto di intelligenza lungimirante e lucida. Che comporterebbe una consapevolezza semplice e complicata circa l’essere, l’umanità (l’insieme degli umani e il relativo sentimento) unica e ( non essendo contenibili entro confini stabiliti né le cose che ci uccidono né quelle che ci servono per vivere) interdipendente.
E… vabbè… troppo vasto programma… 
Abbiamo capito, veh.

lunedì 24 luglio 2017

Pensieri mattutini/serotini provvisori intorno ad una pretesa eternità... seguirà...smentita

Mah. Sarebbe oltremodo irritante e snervante un'eterna coscienza. Eterna, poi, a semiretta: un inizio e pure infinita, secondo la direzione del tempo. Infinito presente: essere. Istante per istante in un indefinito gerundio: essendo quel che si è. Mutando continuamente e perdendo il continuum di quell'eterna coscienza. Una mente che, per forza di cose, mente continuamente, e si affida ad un ballerino cervello (se c'è). Dormite, teorici di quello che fugge e che vorreste fissare col vinavil d'infinito, e pensate a dov'era quella vostra eterna coscienza, prima di esserci. Nel limbo delle cose mai nate. Ma veh? Presuntuosi che siete. Le morte cose e le cose mai nate. È lì, pressapoco, dove , si presume si andrà. Dopo il Big Bang sarà il Big Pluff che seguirà. Amen.

L'inferno è la narrazione dell'ego sfrenato

Leggevo anni fa una recensione di Mario Fortunato su L'espresso l'irritazione che gli procurano i racconti personali sulle proprie mirabolanti prestazioni sessuali e sui propri sogni. 
Aggiungerei gli sfinenti racconti di viaggi (ho visto cose, panorami, albe, tramonti, monumenti, chiese, genti, etc ,che tutti abbiamo più che ben presenti, uffa) , le esperienze culinarie (per tacere di quei posticini - imperdibili- dove con un niente si mangia da dio, ma dai, e poi quando da perfetto cretino segui il consiglio ti spellano per una pasta e fagioli con zenzero, beh), gli stessi negozi, di vestiario o tecnologia (generalmente posti in capo al mondo dove "ma quanto hai speso? ma è un furto, ma se mi davi un colpo di telefono"), i racconti dei propri malanni con tanto codicilli sugli infernali iter fatti di liste d'attesa e medici menefreghisti e arraffoni e paramedici maleducati, i ragguagli -new entry- circa i carinissimi antropomorfismi di cani, gatti, criceti, serpenti e "pet" vari, le varie disavventure in tema di traffico o i difficili "rapporti" con la cassiera autistica (del tutto priva di empatia) o, da ultimo, ma non ultimo, il dettagliatissimo rapporto sulla produzione di pomodori fenomeni del orto sociale del soggetto, ottenuta con speciali procedure e tanta dedizione e tanto amore...
Di cosa parlare, allora? Di tutto questo e di tutto il resto ancora ... con un'unica accortezza: monitorare l'abbassamento di palpebra dell'interlocutore, l'occhi che tende a distrarsi, i piccoli impercettibili sbuffi che dalla bocca si dipartono e che, sappiamo, possono provocare una tempesta al largo del golfo di Biscaglia, beh.
#socialnetworkappunto

L'inferno siamo gli altri

Il prossimo è spesso noioso, petulante, invadente, lamentoso e frignone, ha l'alito pesante, gli puzzano le ascelle, è sempre troppo veloce o troppo lento per i nostri ritmi, conosce meglio di altri i nostri limiti, i nostri difetti, le nostre miserie e piccolitudini. Insopportabile.
Il globalismo ci torna così comodo da riservare la nostra stremata empatia ai casi umani più lontani. Siamo compassionevoli verso il mondo intero. Purché lontano. E se ci fosse dato modo con un click di liberarci del nostro prossimo più prossimo non ci pensereremmo neanche un momento.
Fondamentalmente siamo buoni. Ma stronzi.
Felici d'essere fondamentalmente infelici.
Così deve essere l'amore ai tempi della peste..
.

lunedì 8 maggio 2017

I Poveri Sono Matti (e invidiosi)

Da LETTERA43

Che lo insultino, che lo facciano per strada, che lo facciano davanti ai suoi figli, beh è cosa sommamente riprovevole. Che possano essere dei degni rappresentanti della marmaglia grillista (ma anche renzista o salvinista: quei tre pari sono) dedita a smontare ogni cosa da cui possa promanare un vago sentore di “casta” è plausibile. Che lo facciano per invidia (per invidia: come si dimostra con una “causale” tutto il danno fatto in vent’anni di berlusconismo) è magari cosa tutta da provare.
Magari semplicemente ci si stanca degli ometti per tutte le stagioni (non solo televisive). Magari nei tempi confusi che stiamo vivendo (niente più destra e/o sinistra, solo sopra e sotto)  le figurine mainstream che pretendono impartire lezioni di stile, etica, humor e perfino estetica, agli occhi dei loro assidui seguaci hanno perso semplicemente di credibilità. E quando dai loro alti scranni istruiscono il volgo circa le nuove modalità di relazionarsi col mondo, il volgo che si trova, non a destra o a sinistra, ma solo in basso a raccogliere solo gli schizzi degli sputi di tanto mirabile oratoria, il volgo, come è triste tendenza nei tempi confusi che stiamo vivendo, si chiede (e osserva) da quale pulpito… con quello che ne segue.
Magari il volgo si è magari pure leggermente rotto i maroni d’esser preso deliziosamente per il culo da un semplice (e giustamente ben remunerato) piazzista di spazi televisivi. Da lui e da quelli come lui. Il fighetto tartufesco e i suoi bei circoli dell’ovvio, del luogo comune, dell’ultimo modello del nuovo stereotipo. Quello a cui il volgo, invidioso magari, recalcitra ad adeguarsi.
Potrebbe perfino rappresentare (il fastidio per l’ometto, non l’insulto) un soprassalto di noia per questa nuova montante marea di nuovo (vecchissimo) conformismo.
Peggio della post-verità - è assodato - ormai c’è solo la “verità”.

Che è servita.   

domenica 30 aprile 2017

ONG?


In un mondo normale,
e neanche tanto perfetto,
le ONG neanche esisterebbero.
Il loro compito sarebbe svolto dall'ONU.






lunedì 14 novembre 2016

Domande da porci (nel senso del maiale)




Sono empi tempi di asportazione della democrazia? È la domanda da porci? Cacceremo tre milioni di clandestini? È una risposta da maiali? La pacchianeria è sempre pop? La ventriloquia troverà sempre la pancia all'ascolto, tra borborigmi e flatulenze e relativo effetto serra? Irrilevante, dice? Il ritorno dei fossili? Pasoliniano petrolio? Fossili milionari? D'anni e dollari? Formidabili quei (questi) danni? Fossili appiattiti? Ritorno al giurassico? Fossili? Carbone compreso? Ciaone compreso? Torneremo ai negri? Ai musi gialli? Ai finocchi? Agli storpi, orbi, mongoloidi? Agli scemi del villaggio globale? Allo sputo catarroso ( occhio alla direzione del vento) liberatorio? Alle lotte tribali? Ai sacrifici umani, troppo umani?
Così. E altre domande da porci.




lunedì 21 dicembre 2015

Anche un padano è un pagano. Anche se non lo sa.


Da Riflessioni.it 
Le radici pagane del Natale 
«Per inspiegabile che sembri, la data della nascita di Cristo non è nota. I Vangeli non ne indicano né il giorno né l’anno (…)»
Non solo le radici. Anche gli ultimi rami (i nostri bislacchi tempi), si sospetta fortemente . Poi è abbastanza divertente che le famose “radici cristiane” abbiano origini pagane.
E tralasciamo pure il noto Babbo (cognome: Natale).  

L'invidia e la ministra: solita minestra

@meb (Maria Elena Boschi) «Fare il ministro a 34 anni forse attira invidia, ma invidia e maldicenze non mi fanno paura»
Invidia. Ci mancava l’invidia. Nove volte su dieci, quando si scomoda la presunta invidia di cui si sarebbe vittime, è già partito il delirio, la paranoia, il chimicredodiessere, il modestiaaparte, l’estremo limite della superbia… Insomma… L’invidia come categoria politica l’abbiamo sentita scomodare la prima volta da Berlusconi. Non che, essendo la politica compresa di umana piccolitudine, l’invidia non sia contemplata. Ci sta. Difficile però classificare il desiderare avere il denaro di un ricco come invidia ma, in soldoni,  chi ha mai (a parte qualche povero demente) desiderato “essere” Berlusconi? Resta il fatto che per un potente sia abbastanza indecente, oltre che furbo, ricorrere alla presunta invidia per non essere attaccato in quanto potente. Se si ricorda la “invidia sociale” teorizzata da Berlusconi, che altro era se non un artificio dialettico per svilire la secolare istanza di uguaglianza di quelli che stanno peggio? Ridurla a umano sentimento di invidia equivale a irriderla e a rendere patetica e del tutto priva di dignità politica quella istanza. Si direbbe che questo meschinamente astuto pensiero sia stato del tutto assimilato dal meanstream del pensiero corrente. I grandi cambiamenti da sempre si ottengono (nel bene e nel male) cambiando il lessico corrente. Mutando la cultura di fondo. In questo Renzi è una perfetta continuazione di B. È l’evoluzione (in senso darwiniano ) del Potere. Che lo si apprezzi o meno, questo, obiettivamente è: la continuazione di B. nell’imposizione di un lessico a misura del potere che gestisce. Un esempio? Se chiami un decreto “La Buona Scuola ” chi vi oppone è per la cattiva scuola?
Poi, se nei confronti della Madonna dei Boschi ci stia un’antipatia, una distanza antropologica dal modello fighetto arrogante, impunito, leggermente delirante, inebriato di potere, tipico del renzismo, la signora e tutti i signorini, democristianucci evoluti anzichenò, par suo, dal Matteuccio suo in giù, se ne dovranno pur fare una ragione.
Veh.  

giovedì 26 marzo 2015

Fuori controllo

Dopo tutto o… prima del nulla. Prima del non rifiuto a quello che si presenta com’è. Come sarà. Come poteva essere e non è… Non sarà e, in un attimo di definita eternità, non sarà stato mai. Chiuso o racchiuso… Comunque socchiuso… Un riflesso di senso… Una tenue parvenza quando, prima e dopo, tutto appare nella sua improbabile tenera interezza… Un grido che si fa respiro e poi lento inesorabile avanzamento verso… contro! la luce. Farsi ombra del buio che sovviene al proprio mancamento. In tentativo di prima accennata impressione. Senza nome… Senza nomi… Il balbettio primordiale… La dipendenza dell’amore dall’amore… Passivo apprendimento senza presa… Di pura passionale debolezza… Laidi e pur ingenui effimeri bisogni a coronare i sogni; che si faranno segni. Interrotti congiungimenti e con-giunzioni… Dar nome alle cose… Farne, delle cose, conseguenze a i nomi… Sequenziando tratti di senso ai sensi. Per gioco… Per oltraggiare il pensiero che tende a una sua forma … Senza legami stretti col reale… Col presunto tale… Quello che sembra o quello che con-viene… Un mondo a sé… Fuori dal mondo… Nega se puoi… Se vuoi ... Se devi ancora crescere o morire… Per grazia celestiale ricevuta o mala sorte d’essere divino. Unico rantolo raccolto che il cielo indifferente ascolterà … e poi supinamente accordati al residuo senso che ne viene. Intanto credi ad una esterna estrema volontà… fredda… esposta alla tormenta di strani desideri… per… per sapere… e non voler sapere… Chiedi lumi. Accendi la lanterna dello sguardo in ultimo richiamo. E circostanze e modi e tempi e luoghi rarefatti. Figure nello spazio piano che frettolosamente prende eppure perde dimensione. Fino a saggiare intensamente l’imponderabile che sostiene il tutto. Pilastri di saggezza o perle. Frutti di carnale profumata essenza… o cause prime votate a ultimazione… Fine ultimo/a. Vulva che espelle la sua maternità. Cacciate in paradiso le fiere minacciose, Uomo, hai consumato freddi pasti di venialità sacrificando al fuoco del tuo soffio desolato quello che, prima del sonno e della morte, osasti affidare alla parola. Speranza fu nel tempo breve d’una favilla che si spegne nell’ascesa al cielo. Poi nulla. A coltivare i frutti del tuo sterile seme e nello stupido cammino che chiamasti viaggio, ormai sfinito, a cercare l’abbandono, trascinando la tua triste soma. Forma di croce e di delizia… Ora nulla hai… Solo uno sguardo che si smarrisce in un misero segmento d’infinito. Stringi nel pugno quel che sei. Sarà stolta pavida rinuncia, quella che chiami forza inetta, ad impedirti di mostrare il palmo della verità e in un mattino freddo un corpo rannicchiato, solo, ad anelare a l nulla. Raccogli il poco e nulla di un già muto racconto. Non vuoi… Non vuoi sentire più… Non c’è tepore che abbia un vago sapore di salvezza… Ma non c’è scampo, mai, dopo il risveglio. Solo l’ossessione di quel battito ossessivo… Non altro che illusione. Non altro che un patetico volere di… non volere più… Non altro…

mercoledì 25 marzo 2015

In_certo inizio

Un trauma. Perfino la nascita. L’abbaglio di luce. L’abbandono delle acque. La scoperta gravità. La impossibile in-capacità di quel primo respiro si apre al pianto. Una soluzione premonitrice che già ammonisce. Un trauma la prima sillaba pronunciata col labbro tremante. L’occhio smarrito che si affida alla benevolenza degli astanti. Il primo oggetto afferrato, piccola mano aggrappata alla conoscenza e alla sua brama. La perdita dei sensi primordiali, perso l’odor di mamma e di mammella, deve ritrovarla nell’imago. Il risveglio. L’abbandono. Il primo passo ad azzardare il vuoto. Un trauma la voce alzata. Piccole grida oltre la stanza. La lotta. I corpi aggrovigliati mugolanti di piacere hanno il suoni del dolore. Un trauma il tradimento del gatto, di un giocattolo rotto o di un amico. La gelosia di un fratello. Traumi o solo battiti d’ali di farfalle colorate nell’ angolo sperduto di un tranquillo cielo che genera tempesta in mondo altro (sempre lo stesso) in altro tempo (sempre il suo tempo). E la quiete che ne segue che si riverbera e pure non si tramuterà mai uguale a quel che era. Slancio nel vuoto, per ritrovarsi trasformata, slanciata, riverberata in una maledizione che non avrà mai fine. Dagli avi, da una genealogia di tra-passi. Per ripetizione di rito. Un cupo presagio, una ferita mai rimarginata. Morte oltraggiata. Fine di un momento. Tutto si riassorbe lavorando di fino sotto la crosta d’apparente normalità. Solo emerge, saltuariamente, tramandata nei gesti quotidiani, mai troppo innocenti, eppur dolenti, nelle parole in fuga, nelle rivelazioni più banali, nei nascosti pensieri, da mai confidare, da mai tramandare. E ritrovarsi dopo qualche ciclo di generazioni, stessa tempesta, generata da stessa lontana e morta farfalla, dal suo ininfluente battito d’ali per filogenesi o teoria di storta storia. per distrazione o distorsione, riemergere nel dolore primigenio. Intermittenza del cuore. L’indeterminatezza già troppo determinata. Lo scoppio ha sapore di sorpresa. Volto sconvolto. un tragico consegnarsi di vita in vita. La morte! Anime traumatizzate. Cimenti di spade o sfide nucleari. Trapassi di parti a patri o gravi-danze idee. Luciferino miscuglio di solennità, casuale, incomprensibile. Moto d’astri e di stelle. Trapassi debitamente scontati nei secoli dei secoli per crimini innocenti. Ed indecenti eccessi. A pagare ognuno le altrui colpe e far pagar le proprie alle future genti. Figlie nostre de-generate. Assoluzione non v’è. Solo interminabile incompresa muta sorpresa e pur sospesa pendente… condanna.

martedì 24 marzo 2015

Addio dio crudele. Non sembra cogliere il senso. Ma nessuno mai coglierà il frutto proibito. Addio. Parola difficile. Forse impossibile. Permeata com'è di dedica a un nulla che salva il dubbio degli incerti. E pure a cui tutto è sacrificato. A dio... ad io... Senza ritorno. Un dio odio-so... Nel nome del quale si vive e si muore. Si uccide il dio rimosso troppo presente... di un io di terribilità... Bruciare il libro. Dio miseri-cordioso che sei. Se davvero lo sei, è l'ora di un discreto tramonto. Di sui-ci-dio prego ... di affidare alla dimenticanza il piccolo resto dei giorni a venire. Via quel nome, quella maledetta parola che troppo ci rassomiglia, troppo presume di definire il limite di nostra natura... È poco. Troppo poco ancora. Il solo bestemmiarti... di totale rinnegazione... poveri piccoli uomini abbiamo il bisogno di un nulla salvifico fatto di terrore ed abbandono. Di morte certa. Di terra alla terra. Di cenere al vento, di distolta verità. Non prima... non dopo... Non fiat lux... Ma solo di un buio intravisto nei barlumi di una domanda senza risposta. Intrisa di solitudine. Sei troppo sole nel giorno e troppo chiarore di luna di notte. E noi volevamo le piccole stelle, la lontananza, il dubbio d'esistere, di non sapere del prima… del dopo... Volevamo bere la pioggia, non adorarla; temere la folgore e non temerne la divinità. E non profezie... e comandamenti di morte. Noi volevamo... volevamo il dolce amaro succo del tormento di non avere certezza né verità. Sentire quel freddo che ti costringe a cercare tepore in qualche amorevole abbraccio... Dio... a cui non si può credere… né cedere. Non si vuole credere. Te ne preghiamo, sparisci da questo povero inquieto mondo. Vattene e lasciaci raccogliere gli ultimi marci frutti caduti. Lasciali in pace, te ne preghiamo, i piccoli uomini. Morenti e smarriti. Un po’ in pace, di pace, di pace. Di parole e silenzio.

lunedì 14 dicembre 2009

Che il poveruomo (B) si meravigli di " tutto quell'odio " è il segno evidente che o è totalmente fasullo o non ha percezione della realtà.

mercoledì 16 settembre 2009

slow food?

Il mediterraneo è pieno di pesci venefici e/o radioattivi oppure alimentati coi cadaveri dei migranti. Ridateci gli involtini primavera. Direttamente dalla Cina.

lunedì 10 agosto 2009

Fino alla fine del mondo

Io conosco un tizio che un attimo prima che la merda berlusconiana gli copra la bocca, a me che gliene chiederò conto, risponderà: però, anche Prod...

Difference...

Obama dice che si vede la luce in fondo al tunnel della crisi Lo dicesse Mr.B sarebbe un'automobile incendiata nel bel mezzo della galleria.

sabato 1 agosto 2009

Apparenze

“Fatti, non parole”. È un trito slogan che funziona ancora e che dimostra che in politica non sono i fatti che contano ma solo le... parole

venerdì 17 luglio 2009

Animalismi senz'anima

Animali. Chi? Punibile fino a un anno di galera l'abbandono dei cani. Resta impunito (anzi) ogni tipo di respingimento degli... africani.

Pagano i soliti

Attesa di vita (media) e pensioni. Ma lo sanno Angeletti Bonino Bonanni Boncazzo che gli operai - di media - vivono qualche lustro in meno?

lunedì 13 luglio 2009

PD

Ma davvero occorreva saperlo, il Bianchini Luca, uno stupratore per espellerlo dal PD? Non bastava saperlo proprietario di una Smart?

giovedì 9 luglio 2009

Cameriereeeee

Il Financial Times: «Berlusconi, da playboy a statista». Solo perché si è dimostrato un discreto (?) maître d'hotel? Sapevamo. Grazie.


giovedì 2 luglio 2009

Premesso che a tutti capita prima o poi di dire (dare fare baciare lettera ecc) sonore castronerie, ma quella documentata sopra, che si riferisce ad un riquadrino di pag. 45 de la Repubblica di ieri ( 1/07/09 ) è una di quelle piccole cose che per la loro trascurabile importanza normalmente passano senza colpo ferire. Invece a uno stronzetto come me la cosa inorridisce. Io non credo si possa far passare così una tale corbelleria. Definire la Luna "il celebre satellite naturale della Terra" è roba che attiene a pura perversione linguistica. E pur non avendo io nulla da dire riguardo alle perversioni fin quando sono liberamente esercitate tra maggiorenni consenzienti, qui il discorso cambia. Ci vuol niente che un giornale capiti sotto gli occhi innocenti di un bambino. Roba da procurargli un trauma da cui mai più si risolleverebbe. Celebre? Famoso? Sai , se ne parla anche sui rotocalchi... della Luna... il famoso satellite naturale... sai... della Terra... la famosa Terra... dove un decerebrato parla di celebre satellite naturale della Terra...
Cose da matti. Anzi cose fuori dal mondo. Cose lunari... da celebre satellite naturale della Terra...

Oh gesù

sabato 27 giugno 2009

la compagnia

Da un articolo de l' Espresso in edicola.
Dal blog voglioscendere

Un incontro carbonaro tra il premier, Alfano, Ghedini e due giudici della Corte Costituzionale. Per parlare di giustizia. Ma sullo sfondo c'è anche l'immunità di Berlusconi.

Consulta, la cena segreta - Peter Gomez - Voglio Scendere:
"Del resto che quello fosse un appuntamento particolare, gli inquilini della palazzina lo avevano capito da qualche giorno. Ilva, la moglie di Mazzella, aveva chiesto loro con anticipo di non posteggiare autovetture davanti ai garage. 'Non stupitevi se vedrete delle body-guard e se ci sarà un po' di traffico, abbiamo ospiti importanti...', aveva detto la signora Mazzella alle amiche. Così, stando a quanto 'L'espresso' è in grado ricostruire, a casa del giudice si presentano Berlusconi, il ministro della Giustizia, Angiolino Alfano, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini. Con loro arriva anche un altro collega di Mazzella, la toga Paolo Maria Napolitano, eletto alla Consulta nel 2006, dopo essere stato capo dell'ufficio del personale del Senato, capo gabinetto di Gianfranco Fini nel secondo governo Berlusconi e consigliere di Stato."

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Insomma un 'allegro convivio all'insegna della spudoratezza. Come si conviene in un Paese burletta. Anche i membri della Corte Costituzionale si adeguano. Io sono personalmente curioso di sapere cosa è seguito al dolce, alla frutta ( e ci siamo) al caffè a all'ammazzacaffè.
Sicuri non vi fosse una modica quantità di mignotte al seguito come - è dimostrato - è ormai prassi fare nei Palazzi del Potere?

giovedì 25 giugno 2009

B.er_Luscone e l'invidia

Solo uno "che non sta bene" se ne poteva uscire con quelle frasi, più adatte ad un bulletto di borgata che ad un plurimilionario Pres. del Cons. di uno degli Stati del G8. Dice infatti il poveretto che contro di lui: solo odio e invidia. E sull'odio possiamo anche convenire. L'odio ha sicuramente una sua dignità politica da spendersi, a seconda delle opposte posizioni, sul mercato delle idee. E le idee non sono mai isolate dagli umanissimi sentimenti che le muovono.
E tuttavia metterci in sovrapprezzo, nelle normali battaglie, tutte politiche, l'invidia ( sentimento umanissimo ma non riconducibile a nessuna opzione politica in quanto tale) dice tanto sulla necessità di dovere abbassare il livello del dibattito. Si comprende bene che il tentativo di buttarla sul piano della disputa infantile è palese ( io sono bello, io sono ricco, io sono grande, io ci ho la bicicletta nuova e rossa e tu mi invidi). Rivelatore, per altro della eccessiva ed indiscussa considerazione che il tale ha di sé. Se, infatti, ci si addentrasse, in queste sdrucciolevoli questioni, con un minimo di prudenza ci si accorgerebbe subito non è conveniente, specie tra persone minimamente dotate di intelletto e di un minimo buongusto evocare quel sentimento a doppio taglio che è l'invidia. Talmente facile rispondere a uno che ti accusa di invidiarlo che, beh mi dispiace ma tu non hai nulla, ma davvero nulla, che io ti possa invidiare. Anche a un George Clooney infatti un signor nessuno può far osservare che, al di là dalla indubbia bellezza-avvenenza-fama-ricchezza-ecc che certamente possono suscitare quel tale sentimento, rimane il fatto che, magari, uno può rivendicare come cosa esclusivamente riferita a sé, a quel insignificante sé, magari l'affetto di una madre, di un nonno, di un figlio e di quella madre di quel nonno e di quel figlio che il buon George mai conoscerà; rivendicare magari il ricordo di un infanzia "speciale" la cui specialità consista nell'essere quell'infanzia, nel suo pur infimo valore, la propria. Insomma nessuno può dire mai a nessuno - non sai cosa ti perdi a non essere me - senza essere tacciato di idiota superbia vanesia e un po' cogliona. Nessuno che abbia un minimo di ragionevolezza può permettersi di discutere sulla dignità e sul "valore" di una qualsivoglia vita altrui, sia pure il confronto tra Bill Gates e uno sciancato miserabile mendicante delle strade di Calcutta. Se è vero. come credo sia vero, che ognuno, nel mondo, dal più fortunato al più sfigato degli uomini, può ragionevolmente affermare che: - ho troppa superbia per invidiare gli altri e ne ho troppo poca per pensare d'essere da gli altri invidiato - restando nei limiti della decenza, è altrettanto vero che chi tende a soffermarsi troppo sulla presunta invidia degli altri nei suoi confronti, qualche problemuccio di personalità lo rivela. In termini più spicci, quel tale, come si diceva, non sta bene. Anzi, quel tale è, e sarà sempre, un povero poveretto.

giovedì 18 giugno 2009

Meritocrazia?

Una magica parolina che, sembra, esima chi la pronuncia dal confrontarsi con la realtà che la circonda (per non dire che le appartiene, in prima persona).
Da ultimo si è sentita sulle graziose bocche di tre rappresentanti di gran classe della nostra (più classista che classica) gran classe dirigente. Donne, stavolta, ma per caso. Trattasi della Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, della presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Federica Guidi, della Ministra della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini. E andrebbe anche bene non fosse che per le prime due il principale merito consista nell'essere figlie di cotanti padri (imprenditori, ça va sans dire) e dell'altra uno dei meriti più memorabili sembra sia il suo viaggio da Brescia a Reggio Calabria intrapreso per rendere il suo esame di abilitazione all'avvocatura, se non più facile, come potrebbe sembrare ad una prima superficiale occhiata, almeno più pittoresco (diciamo così).

Come dire che, se ancora qualcuno lo mettesse in dubbio, specie in questi ultimi anni, mesi, settimane, giorni, ore, il problema principale di questo disastrato paese non è propriamente identificabile col (ministra Carfagna a parte)... pudore.

mercoledì 17 giugno 2009

Prostituzione. Punire anche i clienti?

Ora si comincia a capire la smania della Carfagna e della destra tutta a liberare le strade dalla prostituzione.
Tutte a palazzo Grazioli le volevano.

Dal Corriere della Sera: notizie qui

Quando in un Paese le puttane ( nessuna connotazione negativa, il termine è tecnico, a me stanno simpatiche ) vanno a trovar clienti nei palazzi del Potere si può dire che questo Paese sta andando a puttane?

martedì 16 giugno 2009

Incontro Obama - B.er_luscone

Tutto sembra essere avvenuto all'insegna della sobrietà e della buona educazione. Strano comportamento del "nostro" che normalmente approfitta di queste situazioni per fare e farci fare figure da cocomeraio.
Ma non credo sia questione di “auto-regolamentazione”. Nonostante quello che i servi entusiasti vanno sbandierando ora ( evidentemente erano i primi a non credere che Obama potesse reggere B. per un’ora e mezza) è chiaro che la totale mancanza di clamore non dipende dal “clown” ma dal lavorio di diplomazia e dalle raccomandazioni dei collaboratori del presidente USA: - Stavolta niente stronzate, eh ?-

Aggiornamento ( ore 15,07 del 16/6/09)
Quando ho scritto il post la mia era una solo ragionevole supposizione. Ora che ho visto i servizi in tv ne sono sicuro: trattasi di un duro lavoro ( ai fianchi di Papi) di diplomazia. Se appena si sa leggere quel che dicono i volti e i comportamenti: Obama sfodera una finta bonomia che tende a stabilire gerarchie ( la botta sulla spalla durante il saluto). E Papi B. manda segnali di sottomissione ( con la vocina pigola "spero in rapporti amichevoli" etc). Il Grande Venditore, fuori dal suo negozietto trattato come l'ultimo dei clienti.

lunedì 15 giugno 2009

Ronde Nere e Ornitologia

Nel Bel Paese dei Cavalieri D'Italia di (mestamente) oggi e di (tristemente ) ieri, è stato (ma non è Stato) aperto uno S_fascicolo sulle cosiddette Ronde Nere (Rondoni).
Seguirà tra breve l'apertura di uno S_fascicolo sulle cosiddette ronde Padane o Verdi (Verdoni).

Gli altri Italiani, osservanti (birdwatching?) ma poco praticanti, passivamente raccolgono ( Coglioni ). Sovrintende Maroni.