giovedì 25 giugno 2009

B.er_Luscone e l'invidia

Solo uno "che non sta bene" se ne poteva uscire con quelle frasi, più adatte ad un bulletto di borgata che ad un plurimilionario Pres. del Cons. di uno degli Stati del G8. Dice infatti il poveretto che contro di lui: solo odio e invidia. E sull'odio possiamo anche convenire. L'odio ha sicuramente una sua dignità politica da spendersi, a seconda delle opposte posizioni, sul mercato delle idee. E le idee non sono mai isolate dagli umanissimi sentimenti che le muovono.
E tuttavia metterci in sovrapprezzo, nelle normali battaglie, tutte politiche, l'invidia ( sentimento umanissimo ma non riconducibile a nessuna opzione politica in quanto tale) dice tanto sulla necessità di dovere abbassare il livello del dibattito. Si comprende bene che il tentativo di buttarla sul piano della disputa infantile è palese ( io sono bello, io sono ricco, io sono grande, io ci ho la bicicletta nuova e rossa e tu mi invidi). Rivelatore, per altro della eccessiva ed indiscussa considerazione che il tale ha di sé. Se, infatti, ci si addentrasse, in queste sdrucciolevoli questioni, con un minimo di prudenza ci si accorgerebbe subito non è conveniente, specie tra persone minimamente dotate di intelletto e di un minimo buongusto evocare quel sentimento a doppio taglio che è l'invidia. Talmente facile rispondere a uno che ti accusa di invidiarlo che, beh mi dispiace ma tu non hai nulla, ma davvero nulla, che io ti possa invidiare. Anche a un George Clooney infatti un signor nessuno può far osservare che, al di là dalla indubbia bellezza-avvenenza-fama-ricchezza-ecc che certamente possono suscitare quel tale sentimento, rimane il fatto che, magari, uno può rivendicare come cosa esclusivamente riferita a sé, a quel insignificante sé, magari l'affetto di una madre, di un nonno, di un figlio e di quella madre di quel nonno e di quel figlio che il buon George mai conoscerà; rivendicare magari il ricordo di un infanzia "speciale" la cui specialità consista nell'essere quell'infanzia, nel suo pur infimo valore, la propria. Insomma nessuno può dire mai a nessuno - non sai cosa ti perdi a non essere me - senza essere tacciato di idiota superbia vanesia e un po' cogliona. Nessuno che abbia un minimo di ragionevolezza può permettersi di discutere sulla dignità e sul "valore" di una qualsivoglia vita altrui, sia pure il confronto tra Bill Gates e uno sciancato miserabile mendicante delle strade di Calcutta. Se è vero. come credo sia vero, che ognuno, nel mondo, dal più fortunato al più sfigato degli uomini, può ragionevolmente affermare che: - ho troppa superbia per invidiare gli altri e ne ho troppo poca per pensare d'essere da gli altri invidiato - restando nei limiti della decenza, è altrettanto vero che chi tende a soffermarsi troppo sulla presunta invidia degli altri nei suoi confronti, qualche problemuccio di personalità lo rivela. In termini più spicci, quel tale, come si diceva, non sta bene. Anzi, quel tale è, e sarà sempre, un povero poveretto.

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